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Abbiamo visto il Signore
A cura di Vienna International Religious Centre
"Abbiamo visto il Signore!". In assenza di Tommaso, il risorto è apparso ai discepoli, ha mostrato loro i segni della sua passione, ha comunicato loro la pace messianica e, in una pentecoste anticipata, lo Spirito che, attraverso le loro mani, porterà a compimento l'opera della salvezza. Ma Tommaso, un uomo tutto d'un pezzo che non ha paura di non essere edificante, si impenna: "Se non vedo, non crederò!". L'apostolo Tommaso è un tipo onesto e franco. Dal vangelo traspare, a tratti, il suo carattere: non sarà facile portarlo ad accettare il rischio della fede. Lo sentiamo molto vicino a noi, col suo bisogno di cose reali e tangibili, con la sua diffidenza per l'ideologia staccata dal quotidiano. Perché "ciò che è sorprendente nella fede, è che si possa credere" (G. Crespy). Il Signore capisce tutto questo, al punto che otto giorni dopo prende in parola Tommaso e va incontro alle sue esigenze: "Metti la mano nel mio costato, e credi...". Quanto a noi, credenti del ventesimo secolo, rimarremo tranquillamente nell'orbita liturgica della pasqua, accontentandoci di ripetere: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno"? L'esperienza di Tommaso deve diventare la nostra: dobbiamo aspirare a vedere la potenza della risurrezione manifestarsi nella nostra vita personale e collettiva; dobbiamo volere che la forza del Signore guarisca le ferite dei nostri fratelli, risvegli gli oppressi, strappi alla morte uomini e donne ancora sprofondati nel peccato. Dobbiamo dare il nostro contributo. Perché ciò che è sorprendente nella fede, è che si possa credere all'impossibile e fare di tutto perché si realizzi. Allora, ma allora soltanto, Gesù può diventare per ciascuno di noi "mio Signore e mio Dio!".